COLICO – Aveva bisogno di un cardiochirurgo l’agente Francesco Pischedda, tragicamente morto dopo essere precipitato da un cavalcavia della SS36 durante un inseguimento a piedi di un malvivente moldavo. Solo che il cardiochirurgo all’ospedale di Gravedona, dove era stato portato immediatamente dopo la caduta, non c’era. Da qui la necessità di trasportarlo al Manzoni di Lecco, dove è arrivato all’1 di notte: le avverse condizioni meteo impedivano all’elicottero di alzarsi in volo e all’ambulanza di andare veloce quanto necessario. Così all’1.50 il decesso, mentre Pischedda si trovava sotto i ferri.

La telefonata dei compagni di pattuglia dell’agente, partita alle 20.20, aveva raggiunto la centrale del Numero unico di emergenza di Varese ed era stata immediatamente dirottata alla sala operativa di Como. I primi ad arrivare sui due feriti sono stati i volontari della Croce rossa di Colico e del Soccorso bellanese, mobilitati con un codice giallo. Dopo di loro, non sono ancora le 21, è arrivata anche l’automedica di Bellano.

Le condizioni di Pischedda inizialmente erano sembrate meno critiche di quelle del ladro, ma presentava comunque segni di emorragia interna, così sono stati chiamati i rinforzi. Pare inoltre che alcuni residenti, come racconta Il Giorno, incitassero i medici a lasciar morire il moldavo. Pischedda è arrivato a Gravedona alle 22.20, due ore dopo la chiamata. Ma lì per l’appunto non c’era il cardiochirurgo di cui avrebbe avuto bisogno. Dopo averlo stabilizzato provando a ridurre le fratture, Pischedda è stato caricato sull’ambulanza in direzione Lecco, passando dalla Regina prima e dalla SS36 poi, fino al Manzoni dove ha esalato l’ultimo respiro. La Procura di Lecco sta indagando per scoprire se la morte poteva essere evitata e se vi sono delle responsabilità nel ritardo.