DERVIO – Finalmente una bella notizia, in mattinata è stata dimessa dal ‘Manzoni’ di Lecco l’infermiera derviese che aveva contratto il Coronavirus mentre era in prima linea per curare i suoi pazienti. Toccanti le parole della protagonista di questa storia, esperienza che dovrebbe far riflettere.

“Sono un Oss e lavoro al ‘Manzoni’ di Lecco. Amo il mio lavoro e sono orgogliosa di quello che svolgo con passione e dedizione. Fino al 12 marzo ho lavorato freneticamente con i miei colleghi per sconfiggere questo virus, così cattivo e sconosciuto, all’inizio eravamo impreparati, persone che arrivavano con vari sintomi e noi non eravamo pronti… ‘È solo un influenza‘ si diceva, non avevamo i dispositivi di protezione individuali adeguati e alla fine mi ci sono trovata dentro, come tanti miei colleghi mi sono ammalata. Ho iniziato la mia sorveglianza a casa, ma poi sono subentrati i problemi respiratori e il dolore toracico, mancava il fiato e ho pianto, ho pianto tanto in silenzio perché avevo paura… Quella paura che ti avvolge perché intorno a te vedi persone che muoiono in solitudine, che cercano i propri cari con lo sguardo e non li vedranno mai, se non hanno la fortuna che ho avuto io”.

Racconta anche delle cure ricevute all’ospedale. “Chiusa nella c-pap che ti fa sembrare un palombaro, dove sembra che il fiato ti manchi di più, dove non sento nulla perché l’aria ti soffia forte nelle orecchie, e senti solo i tuoi pensieri, non puoi neanche asciugati le lacrime che copiose scorrono sul volto. Emogas su emogas, prelievi arteriosi che fanno malissimo, pastiglie grandi come noci e la febbre che i primi giorni non scendeva mai…”.

Alla fine per la coraggiosa infermiera c’è stato il lieto fine. “Piano piano il respiro ha iniziato a migliorare passando dalla c-pap alla maschera venturi, prima a 12 litri poi 6 poi 3 e poi con gli occhialini e poi me lo hanno tolto. Pregavo che la saturazione tenesse. Ho iniziato a respirare meglio, sono ancora tanto stanca, stremata perché si fa una fatica enorme, non sento ancora né sapori né odori, ma penso sia il male minore… Ora sto per tornare a casa e sono felice. Felice perché ce l’ho fatta a sconfiggere questo virus bastardo, purtroppo non tutti ci riescono o ci sono riusciti e per questo soffro, perché ci sono passata e so cosa significa”.

E naturalmente non possono mancare i ringraziamenti e le riflessioni. “Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine in questi giorni, supportandomi con mille pensieri e parole di incoraggiamento. Dai miei cari, alla mia famiglia a tutti gli amici, ma un doveroso ringraziamento ai miei colleghi della medicina Soap di Lecco perché sono stati una seconda famiglia. E vi prego, restate a casa! Non vanificate il lavoro degli operatori sanitari”.

Michela Riva