DERVIO – La letteratura presenta tante storie di promessi sposi, alcune finite bene come quella famosissima raccontataci del Manzoni e altre, più numerose, finite male come Romeo e Giulietta di Shakespeare.

Il nuovo libro di Roberto Pozzi “I promessi sposi di Corenno” racconta di due grandi famiglie, gli Andreani di Corenno e i Paruzzi di Orezia, che meditano di arricchirsi a vicenda con un matrimonio di comodo, ma chissà cosa pensano i due promessi sposi?

Siamo verso la fine del ‘300, a Corenno, a quei tempi la grande via che metteva in comunicazione le città della pianura con quelle delle valli. Comunità fiorenti e in continuo movimento commerciano, producono, costruiscono: un cosmo fatto di tradizioni, usanze, credenze, statuti, leggi, codici, che l’autore ci restituisce con vitalità.

Su questo scenario storico ben ricostruito perché fondato su documenti tra i quali gli statuti medioevali che lo stesso autore ha tradotto dal latino, si snodano le umane vicende di signori e popolino, frati e giullari, focosi amanti e ascetiche fanciulle, laboriosi pescatori e pettegole tessitrici.

C’è chi suda per guadagnarsi il pane quotidiano nei vigneti sui terrazzamenti alle spalle del borgo e chi si siede a tavole imbandite circondato da servitù in livrea, chi si perde tra testi filosofici e teologici e chi tocca carta solo per consultare i resoconti delle vendite.

C’è la badessa del monastero di Varenna e frate taumaturgo del convento di san Clemente di Dervio, il barcaiolo che sfida le onde del lago e il taverniere al corrente di tutto ciò che succede nel borgo.

Il romanzo ci riporta nell’affascinante mondo medievale che ha forgiato una cultura fondata su credenze religiose, sulla passione per il lavoro della terra, sullo spirito di collaborazione, sull’onestà, il rispetto delle leggi e sulla coltivazione degli affetti famigliari, elementi che hanno contraddistinto le popolazioni lariane fino al secolo scorso.

Quindi in molti tratti, il racconto assume un aspetto corale, nel senso che presentando un personaggio, in realtà offre al lettore uno spaccato della categoria di persone cui il personaggio stesso appartiene.

Ecco quindi emergere la famiglia dei feudatari del posto: gli Andreani provenienti da Bormio che storicamente hanno impresso un volto al borgo con le loro opere: la chiesa romanica in cui vennero riscoperti e restaurati alcuni anni orsono i magnifici affreschi che ci parlano ancor oggi delle ansie e delle speranze di quella comunità, i loro monumentali sepolcri che rappresentano un unicum nell’architettura italiana, il castello-recinto per la difesa della comunità, i loro sontuosi palazzi affacciati sul lago trasformati nel tempo.

Saranno loro che raccontano una parte del glorioso passato fatto di lavoro e di guerre per la difesa dei propri diritti della comunità che ormai è diventata un libero comune. Da questa famiglia proviene la protagonista del romanzo, che pur essendo una figura ricostruita con la fantasia, incarna l’eterno personaggio della giovane sognatrice alla ricerca del vero amore.

Le vicende si svolgono nell’incantevole paesaggio di Corenno, borgo a strapiombo sul lago, all’ombra delle mura del suo castello-fortezza da cui vigilano le attente sentinelle a difesa dei beni e della vita della piccola comunità.

Il lago, con i suoi svariati colori e le mille sfumature, con le sue brezze che variano a seconda delle ore del giorno e del susseguirsi delle stagioni, con la musicalità delle sue onde in cui si possono rispecchiare i sentimenti delle persone è anch’esso un protagonista del romanzo perché partecipa agli eventi che si intrecciano nel breve arco di tempo in cui si dipana la trama dei personaggi.

Nella seconda metà, il romanzo si tinge di giallo e allora si vedranno in azione il rettore del comune col il suo Sherlock Holmes nostrano nella ricerca di eventuali colpevoli di una misteriosa morte.

I numerosi turisti che oggi visitano Corenno, dopo la lettura del romanzo potranno apprezzare meglio ciò che rimane dei tempi medioevali: le calogge scavate nella pietra, le mura del castello recinto, i sepolcri trecenteschi dei conti Andreani, la chiesetta dedicata a San Tommaso Becket con i suoi meravigliosi affreschi, il porto un tempo ricovero di barche di pescatori e di barcaioli e le cantine con i torchi, i frantoi e gli strumenti per la conservazione del pesce.

Il testo è corredato da disegni originali dell’architetto Davide Acerboni che ripropongono meravigliosi scorci di Corenno e di altri borghi del lago come Dervio, Varenna, Piona.

L’autore, derviese di origine, ex insegnante in alcune scuole del lecchese ed ex direttore del Centro formativo di Valmadrera, si è dedicato in questi ultimi vent’anni allo studio della storia locale.

Questa passione gli ha consentito di raccontare storie che si sono trasformate in romanzi e racconti tra cui: Sopra e sotto le onde del Lago (New Press), Tante Lune fa, storie medievali sul Lario (2011), Gente del Lario, un secolo di racconti (2014), l’Archibugiata al cardinale (Bellavite, 2016), Un piccolo bagliore e un grande tuono (Bellavite 2019).