Viviamo in un mondo saturo di parole, spesso inutili e vacue, a volte scioccamente frivole e banali.

Parole ormai impoverite e limitate, come impoveriti e limitati sono i nostri pensieri.

Parole che non sanno più comunicare, perché siamo diventati incomunicanti, nonostante il telefonino sempre in mano.

Parole a volte orfane delle vocali, ridotte a inconcepibili sequenze di consonanti rinsecchite oppure rozzamente storpiate da simboli matematici inseriti per condensare alcuni caratteri, per una fretta patologica che ha generato una moda comunque assurda e deprecabile.

Parole che non sono più giuste, perché per pigrizia, superficialità e un vergognoso pressappochismo non ci impegniamo più trovarle.

Viviamo in un mondo di parole ridette o riscritte, in una ripetizione sterile e rafforzativa, ma necessaria perché il loro suono ci da l’impressione di essere vivi mentre il silenzio, che ci costringe a pensare in proprio, ci sgomenta e ci atterrisce.

Alle parole di TV, radio, social, giornali, chiacchiere, annunci vari si uniscono i suoni stridenti di musiche disarmoniche e dissonanti, di frastuoni gracchianti di motori, di strilli, schiamazzi e urla, che rimbalzano di continuo in un eco senza fine.

È l’inquinamento acustico misurabile e misurato in decibel, con effetti negativi sulla salute del corpo e dell’anima.

Infatti tutto questo rumore di parole e di suoni ci avvolge, come fosse una spessissima nebbia, nascondendoci l’Essenziale.

In essa vaghiamo uniformati, pur senza un’uniforme apparente e senza averne la consapevolezza.

La nebbia, affascinante incertezza, confonde i contorni, appanna i colori, offusca il pensiero e ci nasconde il sole e le stelle.

Ma a noi una stella che ci guida, come ha guidato i Magi nel loro lungo viaggio di ricerca, non interessa più, è una cosa d’altri tempi, superata.

Abbiamo il GPS, il tanto apprezzato navigatore satellitare, ma forse, purtroppo, non abbiamo più una Meta.

Giorgio M. Baratelli

Chirurgo senologo
Direttore dell’unità di Senologia
dell’ospedale Moriggia Pelascini – Gravedona

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