Mentre il turismo estivo sul Lago di Como si prepara alla consueta impennata, la tratta ferroviaria Lecco-Colico viene interrotta per lavori programmati, sostituita da bus più lenti, meno capienti e poco coordinati. Una scelta logistica che penalizza il terziario, i residenti, i pendolari e i visitatori, offrendo una lezione – involontaria – sulla fragilità delle governance contemporanee e l’inadeguatezza della politica, incapace di dettare le policy alle sue aziende partecipate o alle aziende che offrono Servizio Pubblico.

Nel XXI secolo, il modello di gestione è “plurilivello”: Regione Lombardia, Trenord, RFI, enti locali, agenzie per la mobilità, chi più ne riesce a menzionare, più ne menzioni. Un arcipelago di competenze che, in teoria, dovrebbe garantire efficienza e trasparenza. In pratica, spesso genera confusione, rimpalli e decisioni slegate dal buon senso operativo, come dimostra la scelta a dir poco surreale di intervenire sui binari nel momento di massimo afflusso turistico.

Eppure non sempre è stato così. Nel XVIII secolo, sotto la monarchia asburgica, la Lombardia – incluso il territorio lariano – fu oggetto di una vasta opera di riforma amministrativa e infrastrutturale. Maria Teresa d’Austria, con l’aiuto del cancelliere Kaunitz, avviò una modernizzazione che comprendeva:
• la mappatura catastale (Catasto Teresiano, 1718–1760), utile anche alla pianificazione stradale e alla fiscalità;
• la costruzione di strade consolari e militari per collegare Milano con l’area alpina e prealpina;
• il potenziamento della rete di trasporto fluviale e lacustre, strategica per i collegamenti verso la Valtellina e i Grigioni;
• l’introduzione di criteri meritocratici e ingegneri civili incaricati della manutenzione costante dei percorsi viari e delle vie d’acqua.

Uno dei tratti della Strada Regina (da Como verso il passo dello Spluga) venne restaurato e reso più stabile proprio durante quel periodo, in funzione sia commerciale che militare. L’intervento fu anticipato da una valutazione stagionale del traffico e delle condizioni atmosferiche, per evitare blocchi in alta stagione o nei mesi più difficili.

Questo non è un elogio nostalgico dell’assolutismo, ma un invito a riflettere: com’è possibile che, con tutte le nostre tecnologie, dati, intelligenze artificiali e piattaforme digitali, fior fiore di ingegneri gestionali, politici di rango che non hanno imbarazzi a chiedere il voto ai cittadini nella fase elettorale, visitando anche i piccoli territori – forse richiamandosi a un presunto diritto ad abusare della credulità popolare –, ci troviamo incapaci di organizzare razionalmente un intervento infrastrutturale su una tratta cruciale come la Lecco-Colico?

Il Lago di Como ha bisogno di visione, non di burocrazia spezzettata. L’ho già fatto presente di persona al Questore di Lecco, qualche settimana fa nel suo ufficio a Lecco. Serve una governance che sappia ascoltare i territori e agire con logica temporale, evitando di ostacolare ciò che dovrebbe promuovere: la vivibilità, il turismo sostenibile, la mobilità intelligente, le scelte intelligenti. Dobbiamo liberarci dal complesso di Kafka e tornare a credere che le istituzioni siano un bene comune e pretendere che siano gestite da persone competenti.

Se l’Impero asburgico riusciva a farlo nel 1750, forse possiamo provarci anche noi – nel 2025.

Renato Ongania