Premessa. Non è un post su Donald Trump (quindi nessun commento su di lui e su quanto ha fatto o detto), ma è una riflessione su quanto sta accadendo.
Il fatto. I social network, Twitter, Instagram, Facebook, YouTube, hanno deciso che Donald Trump e tutti i suoi simpatizzanti non potranno più avere accesso alle loro piattaforme, il che significa che non sarà loro possibile usare questi strumenti per comunicare tra loro e con altre persone.
Le motivazioni. Zittire preventivamente le parole di Trump, che sono state giudicate invito alla violenza, in nome della pace sociale.

Considerazioni. Si tratta di un atto di censura esercitato da privati cittadini, i proprietari dei social, e non dall’organo preposto che, in democrazia, è la magistratura.
La magistratura è l’unico potere deputato a censurare dopo adeguata istruttoria o ad intervenire in modo preventivo al fine di evitare reati, in casi eccezionali.

Capisco che ognuno può decidere come vuole a casa sua, ad esempio un giornale può decidere cosa pubblicare e cosa non pubblicare, un negozio chi far entrare e chi no (qui si scatenerebbe una battaglia contro la discriminazione ecc), quindi anche un social può decidere chi ammettere e chi espellere.

Il nocciolo della questione è il conflitto pubblico-privato, che necessiterebbe di essere ben regolamentato; infatti i social sono società private che esercitano un servizio pubblico, quale è la comunicazione sociale con strumenti diffusi in tutti gli strati della popolazione.

I social proprio per loro intrinseca natura sono pochi perché il loro scopo è di connettere molti utenti, ognuno dei quali può “consumare” liberamente quello che vuole.
Per tanto essi sono “oggettivamente” un oligopolio; per inciso, questo comporta anche il problema di gestire un mercato (quello della pubblicità) molto ristretto, nel senso che non c’è concorrenza.

Quindi il paragone con i giornali non regge: i giornali sono tanti e diversificati per indirizzo politico; ognuno è libero di scegliersi il giornale che più risponde e rispecchia le sue idee.
Il social no: sono contenitori di idee diverse, tanto che si presentano come indipendenti e senza vocazione politica

La legge. Nessuna legge democratica prevede la deroga del diritto di censura. In particolare la magistratura americana ha sempre sostenuto che la censura è una restrizione della libertà di parola garantita del primo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, adottato nel 1791. Perfino il Governo Federale e i Governi dei vari Stati non hanno il diritto di censurare l’espressione dei singoli cittadini.
Il Communication Decency Act del 1996 ha stabilito che i social network erano autorizzati a limitare l’accesso a contenuti che loro stessi consideravano osceni o offensivi; nel “Counteracting Internet Censorship” del maggio 2020 tale autorizzazione è stata limitata alla pubblicazioni di testi piratati o di immagini o contenuti relativi ad abusi sessuali sui minori.
Inoltre, gli stessi network sono stati esentati dalla responsabilità per i contenuti di quello che gli utenti pubblicano, limitando proprio ad essi le eventuali conseguenze civili e penali.

In sintesi la censura esercitata dai social è un abuso di potere, che è stato esercitato autonomamente da un gruppo ristretto di privati cittadini nei confronti di:
1. Donald Trump che fino al 20 di gennaio è ancora il presidente in carica degli Stati Uniti
2. Donald Trump, privato cittadino
3. Donald Trump, uomo politico che aveva deciso di comunicare con i suoi elettori e simpatizzanti, utilizzando questi servizi di comunicazione
4. 80 milioni di persone che seguivano i tweet di Donald Trump e che ora non potranno più farlo.

Conclusioni. Di fatto, Donald Trump non ha, e non avrà più, gli stessi diritti di espressione e di libertà di parola di altri cittadini americani e non solo.
Tutto questo non rientra nella mia idea di Democrazia, di Stato di diritto, di Libertà.
Tutto questo mi fa pensare che se oggi è toccato a Trump, domani può toccare a chiunque altro “non piaccia” all’oligarchia che detiene i social, diventati un potere.
Quindi spero di non prendermi anch’io, con questo post, un cartellino rosso.

Approfondimento. Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio il libro profetico “1984” di George Orwell, pubblicato nel 1949, dove si descrive una situazione molto simile; in quella società era il governo che controllava i cittadini (in Cina i social non sono privati ma controllati dal governo), mentre nella nostra società, e questa è la differenza che preoccupa maggiormente, sono pochi arricchiti, i proprietari dei social, che attraverso di essi possono controllare tutti i cittadini del mondo.

 

Giorgio M. Baratelli, chirurgo senologo
presso l’ospedale Moriggia Pelascini di Gravedona

 

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