Il trasferimento che sta avvenendo tra la funzione sociale di un luogo e quella economica e consumistica è nettamente a favore della seconda. L’equiparazione tra relazioni sociali e consumi è una scelta ideologica necessaria al sistema capitalistico e purtroppo culturalmente vittoriosa, fino ad ora.
La retorica che lega l’apertura di questi luoghi di consumo di massa, i centri commerciali, all’aumento dei posti di lavoro e va affrontata sotto tre prospettive diverse, seppure strettamente connesse:
• discorso economico
• discorso sociale
• consumo di territorio
L’argomento economico può essere trattato secondo due principali direttive: quella del piccolo commerciante e quella del lavoratore. Non bisogna fermarsi al domani o dopodomani, ma guardare nel lungo periodo gli effetti prodotti da un centro commerciale. Per quanto riguarda i commercianti della zona la risposta è malcontento: la costituzione di una simile struttura popolata esclusivamente da grandi catene di distribuzione significa un colpo molto più duro della semplice presenza accanto ai piccoli commercianti di negozi delle grandi marche: la creazione di un microcosmo del consumo completamente autosufficiente (i centri commerciali possono soddisfare al proprio interno praticamente la domanda di qualsiasi prodotto) non svantaggerà semplicemente il piccolo commercio mettendolo fuori mercato, lo renderà semplicemente invisibile.
Anche la presenza di una pluralità di esercizi commerciali, alcuni gestiti da privati altri da grandi marche, ha come risultato un affaticamento della piccola economia a causa del “fascino del brand” e dei prezzi tendenzialmente più bassi garantiti da una produzione e distribuzione in larga scala. Il centro commerciale crea per sè un’indipendenza strutturale in quanto nasce con il preciso scopo di poter soddisfare all’interno di sé qualunque bisogno o impulso del consumatore con una infinità di negozi, tutti di grandi marche internazionali.
Scava la tomba dei commercianti indipendenti che, già schiacciati dalla crisi economica, non sono in grado di reggere la concorrenza delle multinazionali, le quali al contrario continuano a costruire e ad arricchirsi rendendo sempre più evidente la tendenza all’interno del capitalismo alla proletarizzazione e alla polarizzazione della ricchezza.I piccoli commercianti costretti a chiudere o comunque a ridimensionare fortemente l’attività non fanno altro che infoltire la massa proletaria.
Essi trasformandosi da piccoli proprietari in lavoratori salariati aumentano l’offerta di lavoro e in maniera indiretta ciò va ad inficiare sulla disponibilità lavorativa.L’aumento dell’offerta di lavoro non verrà assorbito totalmente dal nuovo centro commerciale: ammettiamo, come esercizio teorico, che il centro commerciale crei 50 posti di lavoro e che tutti i negozi della zona di cui parliamo ne creino 100. I motivi di questa disparità sono due:
– il centro commerciale è un luogo compatto e organizzato per ospitare molti negozi e quindi risparmia molti posti di lavoro in ruoli che possono essere comuni tra i vari negozi (sicurezza, manutenzione etc);
– il centro ha un numero limitato di esercizi che offrono i medesimi prodotti, sicuramente più limitato che un intero quartiere.
Ritornando all’esempio, nel breve periodo vi saranno 150 posti di lavoro, con un incremento del 50%. Nel lungo periodo la tendenza si inverte: la chiusura della maggior parte delle piccole attività (in America, patria del centro commerciale, anche fino all’80%) crea una forte disoccupazione che non può più essere assorbita.
Questa disoccupazione crea infine una competizione a ribasso tra i lavoratori nella speranza di ottenere un impiego. Non ha bisogno di spiegazioni il concetto per il quale quando l’offerta di manodopera supera la domanda i salari e i diritti dei lavoratori scendono. Questo è un aspetto fondamentale da analizzare: la tematica lavorativa infatti non può esaurirsi alla questione numerica, quantitativa ma deve indagare l’aspetto qualitativo della domanda lavorativa.
I negozi presenti nel centro, con le dovute differenze tra caso e caso, assumono con contratti di lavoro sottopagato, usando diversi escamotage per ridurre la propria spesa in salari. Due esempi valgono su tutti: Zara ed H&M. Il primo marchio è solito richiedere uno stage da 300 euro mensili ai propri commessi prima dell’assunzione, che non si sa quando arriverà; il secondo invece fa largo uso del contratto a chiamata per i propri addetti vendita. In una guerra fratricida tra chi si asservisce al minor prezzo a una multinazionale come Zara o H&M si infrangono, dunque, le considerazioni di chi sostiene che il centro commerciale creerà posti di lavoro.
Vi è, poi anche un discorso sociale, culturale che intreccia l’economico e osserva le relazioni, i discorsi e le scelte ideologiche che si vengono a creare intorno a queste strutture.La relazione che vedeva fondante (fin dalla polis greca) la zona sociale e politica della città (il luogo delle relazioni) rispetto alla zona economica, che gli si costruiva intorno, oggi è invertita: il luogo è prima di tutto del consumo, poi delle relazioni. Nel centro commerciale si lavora, si consuma e si intrattengono relazioni. Il centro commerciale, presentato come luogo neutro, rinnova l’invito al consumo sotto la maschera della piazza in cui si invita alla socialità, nella forma degli uffici dove si crea lavoro. La volontà di far gravitare ogni forma di azione umana di fronte al simbolo del consumo capitalista, di fronte al simbolo della creazione artificiale di bisogni, tradisce il capitalismo quando si presenta come anti-ideologia, quando si presenta come pensiero neutro, quando in realtà aspira a essere un pensiero totale che ingloba e devia verso di sé ogni istanza precedentemente estranea. Allo stesso modo il centro commerciale è un luogo totale che devia entro di sé, dentro le sue mura, istanze (la socialità ad esempio) che al consumo, vero obiettivo del centro commerciale, sono estranee.
Dunque Amministrazione vi poniamo alcuni semplici domande:
-Antecedentemente al progetto e all’idea del Centro Commerciale , avete svolto un’analisi ddi mercato sul territorio, una valutazione costi-benefici, una ricerca sui vantaggi e svantaggi di tale opera per i cittadini, oppure avete eseguito esclusivamente gli ordini dei vostri superiori intelocutori edili e seguito pedissequamente la linea politica regionale che vi contraddistingue?
Signor Sindaco le sue affermazioni nella lettera inviata ai commercianti come vede sono bugie e menzogne!! Tale opera non porterà nessun posto di lavoro e si sarebbe potuto ostacolare in quanto non ha i requisiti di dignità umana oppure per lei lavorare a 800 euro al mese, se va bene, senza rispetto delle festività comandate ecc sia dignità del lavoro !!
Sign. Sindaco e amministratori, visto la profonda cultura cattolica, vi ricordiamo:
“Ricordati del giorno di sabato per santificarlo sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro” ( Esodo)
Flavio Angeli, Giuseppe Iovino, Aldo Gallo
Movimento Mandello