LECCO – Due anni di reclusione è la pena stabilita dalla corte del Tribunale di Lecco, in composizione collegiale, per M. P., imputato del reato di bancarotta fraudolenta per il fallimento della propria ditta individuale che aveva sede a Colico, in via Nazionale.

Ad illustrare la vicenda al presidente Enrico Manzi e ai giudici a latere Salvatore Catalano e Nora Lisa Passoni, il curatore fallimentare Ciro Arrigo Nicolig, nominato nell’ottobre del 2007 dal Tribunale contestualmente al fallimento.

“Dopo aver ricevuto l’incarico mi sono subito recato nella sede dell’attività ma i locatori mi hanno riferito che già da un anno il sito era stato smantellato e i beni erano stati portati via dal titolare, il quale risultava irreperibile. Ho provato a contattare lo studio di consulenza grazie al quale ho potuto constatare che i registri erano aggiornati al 2006, poi sono stato contattato dalla Guardia di finanza, che mi ha informato del fatto che l’imputato si trovava in Romania. In ogni caso non sono riuscito a fare l’inventario perché non ho potuto reperire alcun bene, se non un autocarro, che l’imputato aveva in uso tramite una società di leasing, la quale ad un certo punto lo ha rivendicato, dal momento che le rate non sono più state pagate senza che il bene fosse restituito”.

Ed è proprio questo furgone ad essere al centro del procedimento penale: l’accusa specifica rivolta all’imputato infatti, è quella di aver sottratto un bene al patrimonio aziendale che fa da garanzia ai creditori.

Il furgone mi è stato portato via con la forza – spiega l’imputato rilasciando delle spontanee dichiarazioni – dalle stesse persone di cui sono stata vittima di usura e le cui minacce mi hanno spinto a vendere tutto quello che avevo, senza che questo bastasse a risanare i miei debiti e anche ad andarmene dall’Italia”. Circostanza, quella dell’usura, confermata dalle condanne in cui l’imputato odierno era parte lesa.

“Ritengo sia stata provata la responsabilità penale dell’imputato – spiega il Pm Nicola Preteroti nelle sue conclusioni –: non ci sono dubbi sul mancato reperimento del bene, il quale del resto sarebbe stato sottratto dopo il fallimento e nel processo per usura non si dà atto di questa circostanza. Inoltre per questo reato, che è un fatto grave, non c’è denuncia e la circostanza non può essere giustificata da un timore psicologico anche in considerazione di passate condanne a carico dell’imputato anche per reati gravi come il tentato omicidio”.

Manuela Valsecchi