BELLANO – Polemiche per le celebrazioni del 2 giugno a Bellano, dove la sezione Lario Orientale di ANPI ha condannato fortemente la scelta di commemorare anche i caduti della Repubblica Sociale Italiana.

Apprendiamo con sdegno che la celebrazione del 2 giugno a Bellano viene accompagnata da una commemorazione ufficiale, da parte del Gruppo Paracadutisti di Bellano, dei caduti della Repubblica Sociale Italiana.

Il 2 giugno è la festa della Repubblica italiana, nata dalla Resistenza. Assieme al referendum per la scelta tra monarchia e Repubblica, le italiane (che votavano per la prima volta) e gli italiani elessero l’Assemblea Costituente, che scrisse la nostra Costituzione, sintesi del pensiero cattolico, liberale e socialista. Gli stessi movimenti di popolo che dettero vita alla lotta contro l’invasore nazista ed ai collaborazionisti fascisti.

Richiamiamo le parole del Presidente emerito della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ancora nel 2008 ha ribadito il netto rifiuto di ogni equiparazione storica e politica fra i caduti della R.S.I. e i partigiani che lottarono contro il nazifascismo.

Occorre ricordare cosa fu il fascismo di Salò. La Repubblica di Salò fu il simulacro di un governo, in quanto fu un regime privo di qualsiasi autonomia e letteralmente avvinghiato all’alleato tedesco, dunque formalmente presente solo nelle zone presidiate dalle truppe di occupazione germaniche, senza le quali la R.S.I. non sarebbe sopravvissuta neppure per quella breve stagione (settembre 1943-aprile 1945). Si trattò, pertanto, di un governo fantoccio, caratterizzato da un umiliante servaggio verso il padrone tedesco, costretto a mendicare ai nazisti minimi spazi di autonomia politica e amministrativa, che peraltro non ebbe mai, impegnato nel parodistico e fallimentare tentativo mussoliniano di recuperare il programma sociale del fascismo delle origini, naufragato tra farsa e tragedia; un governo privo di un esercito proprio, che non poteva più esservi e che fu sostituito dalla militarizzazione di ciò che rimaneva del partito fascista, ossia dalle milizie nere nelle loro diverse articolazioni: basti pensare al “reparto servizi speciali”, impegnato nelle peggiori efferatezze che mente umana possa concepire contro i partigiani e contro la popolazione civile.

Come dimenticare, poi, le famigerate SS italiane, che giurarono: “Davanti a Dio presto questo sacro giuramento: che nella lotta per la mia patria italiana contro i suoi nemici sarò in maniera assoluta obbediente ad Adolf Hitler, supremo comandante dell’esercito tedesco e che, quale soldato valoroso, sarò pronto in ogni momento a dare la mia vita per questo giuramento”.

Questi semplici, ma essenziali, richiami storici sono sufficienti a dimostrare in modo inequivocabile che l’alleanza tra l’Italia fascista e la Germania nazista non è stata un incidente della storia, ma l’esito fatale e inevitabile dell’ideologia e della pratica del fascismo. A questi alleati e strumenti del nazismo non si potrà mai tributare quel riconoscimento postumo che i fautori della pacificazione pensano sia dovuto ai caduti della repubblica di Salò.

È chiaro, peraltro, che simili velleità revisionistiche non hanno per posta soltanto lo stato giuridico degli individui che si schierarono con i fascisti e con i nazisti contribuendo attivamente affinché 40.000 italiani venissero deportati nei campi di sterminio, mentre 650.000 soldati italiani marcivano nei campi di prigionia in Germania.

Il bersaglio, l’obiettivo vero è la messa in discussione dei fondamenti dello Stato repubblicano, la sua identità e la sua legittimazione storica. L’obiettivo non è soltanto riscrivere la storia di ieri, ma plasmare quella di domani, facendola deragliare dai binari dell’antifascismo. In base a questa visione, fascismo e antifascismo diventano scelte equivalenti, separate da un esile diaframma fatto di casualità e condizionato da episodi inscritti nelle biografie personali.

Ciò che viene svilito è il senso di una scelta dirimente fra chi si compromise fino in fondo con il fascismo e chi, come recitano le parole che Italo Calvino regalò ad una bella canzone della Resistenza, “prese la strada dei monti”.

I morti saloini sono uguali ai morti partigiani sul piano della pietà, ma non sul piano della storia. Nessun revisionismo potrà mai cancellare il significato diverso e incommensurabile delle scelte che, tanto nel metodo quanto nel merito, furono allora compiute: scelte di servitù e di oppressione, da un parte, di libertà e di giustizia, dall’altra; scelte il cui valore, essendo perenne, come non è modificabile in sede di giudizio storico e politico, così non è alterabile in sede di giudizio etico e civile.

La sezione Lario Orientale di ANPI e l’ANPI provinciale Lecco nel condannare questa grave scelta, proseguono la propria vigilanza antifascista, invitando le Amministrazioni pubbliche, le associazioni tutte ed i partiti ad isolare queste posizioni.