LECCO – Il Giudice delle indagini preliminari del tribunale di Lecco Massimo Mercaldo ha rigettato la richiesta di archiviazione dell’inchiesta sulla tragica morte avvenita a Colico dell’agente della Polizia Stradale di Bellano Francesco Pischedda – richiesta avanzata dalla Procura di Lecco – disponendo nel contempo altri sei mesi di indagine.

Gli atti dunque ritornano al PM Paolo Del Grosso per “ulteriori approfondimenti”.

“La richiesta di archiviazione – ha detto il Gip Mercaldo – appare prematura”. Sembra necessario in particolare svolgere “ulteriori attività d’indagine per acquisire più dettagliate informazioni circa le ipotizzate condotte criminose: i consulenti tecnici rispondano alle osservazioni e critiche contenute in entrambi gli atti di opposizione”.

Ieri il Gip del tribunale di Lecco ha sciolto la riserva dopo l’udienza dello scorso 13 febbraio. Il procedimento era a carico di ignoti e le persone offese, la madre Daiana Mirabella e il padre Giovanni, l’ex compagna Anna Altarelli con la figlia Nicole Pischedda, si erano opposti all’archiviazione. Il Gip ha chiesto un supplemento d’indagine di sei mesi, con approfondimenti da parte dei periti. Soddisfatto l’avvocato Vittorio Delogu difensore dei genitori: “È stata accolta la nostra tesi: chiedevamo un approfondimento del caso e non una conclusione sbrigativa come era stata avanzata dalla Procura. Non diciamo di aver ragione, ma solo verificare i tempi degli interventi e se Francesco poteva essere salvato”.

L’agente della polstrada morì il 4 febbraio 2017 a causa di una caduta dal cavalcavia della SS36 a Colico mentre inseguiva un malvivente. La questione, secondo i legali, è legata a quelle 5 ore e 40 minuti durante le quali Pischedda è rimasto a terra in attesa di un’ambulanza, poi è stato trasportato all’ospedale di Gravedona e infine trasferito al Manzoni di Lecco.

La domanda a cui i periti dovranno rispondere è: “Francesco poteva essere salvato con un tempestivo intervento di soccorso?“. L’anatomopatologo nella parte finale della relazione scrisse che “c’è stata una certa lentezza nei soccorsi” però “non ci sono state responsabilità dei sanitari”. Ora ci sono altri sei mesi di tempo per fare chiarezza