GRAVEDONA ED UNITI – Anche ieri mattina alla tradizionale messa di Sant’Agata in ospedale, protettrice delle donne operate al seno, Giorgio M. Baratelli, chirurgo senologo, direttore Unità di Senologia Ospedale di Gravedona, membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia “Umberto Veronesi” e presidente LILT di Como, ha ribadito le dimensioni del problema tumore alla mammella fornendo i numeri che ogni anno si aggiornano in occasione di conferenze e lezioni.

I dati riferiti al 2022 dimostrano che i nuovi casi sono in aumento: circa 2 milioni e centomila donne sono colpite da carcinoma mammario nel mondo, 500.0000 Europa e 55.000 in Italia. Considerando che il 10-15% delle donne hanno meno di 40 anni, vuol dire che ogni anno 5000-8000 giovani donne in Italia si ritrovano a combattere con questo tipo di cancro in Italia.

Per fortuna c’è un altro numero in aumento, quello della percentuale di guarigione che dal 90% è salito al 95%. Questo grazie alla ricerca scientifica di nuove molecole e nuovi farmaci, mirati ed estremamente efficaci, sia alle campagne di sensibilizzazione e prevenzione primaria (punto dolente ma importante perché uno stile di vita corretto determina la possibilità di ridurre del 25-30% la comparsa del tumore della mammella) sia alle campagne di prevenzione secondaria o diagnosi precoce: “prevenire è vivere” perché se lo si trova piccolo si salva la vita e il seno.

Baratelli ha poi ringraziato le tutte le volontarie della LILT per il loro grande impegno silenzioso e utilissimo, Pinuccia Palo, storica fondatrice della nostra delegazione, e la dottoressa Monti che lo affianca in questa missione. Ha concluso prendendo spunto da quanto, con maggior autorità, ha detto don Francesco: la vita è un dono e quindi è un nostro obbligo etico e morale salvaguardarla e conservarla.

Ha ripreso poi le immagini della prima lettura libro di Giobbe (Gb 7, 1-4. 6-7): “notti di affanno mi sono state assegnate” e ” la notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba”, considerando quante notti insonni cariche di pensieri angoscianti hanno passato le pazienti (e i medici). Sempre dal libro di Giobbe, “ricordati che un soffio è la mia vita”, è servito per riflettere insieme a tutti i presenti sulla caducità delle cose umane e sull’inutilità di affannarsi per motivi non importanti. Forse l’importante è lasciare un segno e tracciare la strada che dopo di noi altri percorreranno con altrettanto entusiasmo.

Il pensiero finale è andato a chi non ce l’ha fatta perché “Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo”, pregando il Signore che accolga nel suo abbraccio di Padre tutte coloro che con noi hanno condiviso la fatica della malattia e che lui ha voluto al suo fianco, e che consoli le loro famiglie nella consapevolezza che solo nella sua luce c’è la vera gioia. Il commento più simpatico che Baratelli ha ricevuto alla fine da parte di una ex-paziente è stato che il chirurgo sarebbe potuto essere anche un bravo prete.