I Tre Magi scolpiti in legno nel presepe più antico al mondo, custodito nella basilica di Santo Stefano a Bologna (è del XIII secolo e poi colorato nel secolo successivo da Simone dei Crocefissi), non hanno i tradizionali tratti somatici indicativi delle tre etnie (in genere sono rappresentati come un bianco, un arabo e un nero) ma sono raffigurati, secondo la simbologia bizantina, come le tre età dell’uomo: il giovane, l’uomo maturo e l’anziano.

Sono giunti alla grotta di Gesù Bambino dopo un lungo viaggio, iniziato per un atto di fede nelle loro conoscenze, dovute a studi faticosi ed impegnativi. Questo ci fa riflettere sull’importanza di studiare sempre, ad ogni età, anche se costa fatica.

I tre Magi hanno saputo mettersi in gioco e, completamente presi nella loro ricerca, non hanno esitato a lasciare la sicurezza e gli agi della propria terra e ad affrontare tanti pericoli, incognite e soprattutto l’ignoto, guidati solo dalla stella, che rappresenta la speranza e che è indicata dal Magio di mezza età, che punta il dito verso di essa.
Il loro viaggio ci insegna ad affrontare i pericoli, a superare i nostri limiti, per diventare migliori, a ricercare continuamente la verità, senza arrendersi, senza smettere mai di camminare, senza paure o alibi, senza scoraggiarsi anche nelle notti più buie, nella certezza granitica che comunque il cammino sarà sempre illuminato dalla stella della speranza e non indicato dal GPS o da Google Maps.

I tre Magi portano i loro doni al Bambino, per ricordarci che ogni incontro è un dono, soprattutto quando lungo il cammino incontri un povero o un sofferente (e come medico, ogni paziente lo è); anch’essi sono in viaggio, nel nostro viaggio, forse più smarriti di noi, più soli nella notte. Il dono che i Magi ricevono in cambio è straordinario, è Gesù Bambino stesso. E questa è la magia del donare, che si traduce nel ricevere più di quanto si è dato.
Poi la vita stessa è l’arte dell’incontro.

Inginocchiato in adorazione, Melchiorre, il più anziano dei tre, è senza corona a “simboleggiare che di fronte alla regalità di Dio, la regalità umana decade” e ci ricorda così il valore dell’umiltà, soprattutto quando si è potenti ed eruditi.

Infine, è importante considerare che il viaggio è stato intrapreso e portato a termine non singolarmente ma dai tre insieme, pur di età differenti. Questo vuol sottolineare l’importanza del lavoro d’equipe in ogni ambito.

In Senologia, ad esempio, abbiamo creato le Breast Unit per curare al meglio le pazienti. Sono basate proprio sulla filosofia di condividere i saperi e le conoscenze diverse e di discutere collegialmente i casi e i problemi, tra chirurghi, radiologi, oncologi, patologi, con l’umiltà costante di imparare senza l’arroganza di voler primeggiare.

Giorgio M. Baratelli
Chirurgo senologo
Direttore Unità di Senologia Ospedale di Gravedona (CO)
Membro Comitato Scientifico Accademia di Senologia “Umberto Veronesi”
Presidente LILT di Como