La diagnosi oncologica è una delle diagnosi più fortemente impattanti, in termini emotivi, affettivi e psicologici, sul paziente e sulla famiglia. Essa, infatti, comporta elevati livelli di stress in primis sul paziente, ma anche sulla famiglia e sui caregivers.

A questo proposito, una meta-analisi di Mitchell e collaboratori (2011) evidenzia come fino al 40% dei pazienti oncologici presenti disturbi del tono dell’umore.

Nella pratica clinica capita spesso di sentirsi chiedere, da coloro i quali assistono alla reazione del paziente o dal paziente stesso, se quello agito sia il modo giusto di reagire, in termini emotivi e psicologici, al tumore.

Le reazioni emotive e psicologiche che manifestiamo dinnanzi ad una bad news (letteralmente, cattive notizie. Termine inglese che viene usato per designare quelle comunicazioni mediche che ci annunciano la versione peggiore tra le varie possibilità in una data situazione clinica) dipendono in larga parte dalla personalità del soggetto, dalla sua rete di supporto e da quanto questa rete sia percepita in termini di risorsa dal soggetto stesso, oltre che ovviamente dalla prognosi legata alla diagnosi e da un’ampia serie di fattori. Questo significa che non esistono reazioni psicologiche giuste o sbagliate, ma solo reazioni psicologiche.
Di certo, tuttavia, vissuti emotivi fortemente negativi connessi alla diagnosi e al decorso della patologia sono da tenere in considerazione. Infatti, l’impatto che la diagnosi ha sul paziente inficia e si correla strettamente all’evolvere della malattia e delle sue conseguenze. Esistono infatti una serie di dimensioni correlate alle malattie oncologiche come la qualità di vita, l’affaticamento, la depressione e l’ansia che possono rappresentare fattori di rischio per la non aderenza e la scarsa compliance al trattamento.

A supporto di questa idea, è stato dimostrato da Plass e collaboratori (2001) come coloro che effettuano un percorso psicosociale a supporto del percorso oncologico manifestino un atteggiamento maggiormente collaborativo e un’inclinazione a fronteggiare la propria condizione clinica in modo più efficace.

Ma non solo: Antoni e collaboratori (2013) evidenziano come interventi psicosociali possono impattare sui sistemi molecolari che concorrono a governare, promuovere e tutelare anche processi di difesa tumorale.

Nel mondo nel 2018 si sono registrate 18,1 milione di nuove diagnosi oncologiche (23,4% delle quali in Europa) e le stime prospettano che nel 2030 le nuove diagnosi saranno 22 milioni. Questo dato, di per sé agghiacciante, ci sottolinea ancora una volta come sia importante investire in termini medici sulla ricerca in ambito oncologico, ma ci ricorda parallelamente quanto sia fondamentale lavorare in trattamenti psicologi e sociali all’interno del contesto oncologico.

Dott.ssa Elisa Tagliaferri  
Psicologa Clinica
(Ordine degli Psicologi della Lombardia, n.22232)

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