Il ragazzo del Lago era alto e bello. E anche un po’ malnatt.

Ma, ditemi voi, come si fa a non essere malnatt quando si hanno vent’anni o giù di lì? Sarebbero solo occasioni perse, carte scaraventate sul tavolo prima di scoprire cosa ha in mano quell’altro senza quel retrogusto di azzardo che popola l’incoscienza di quell’età.

.Autoritratto Giancarlo VitaliNemmeno i ragazzi della Valle, però, erano da buttar via. Ol Claudio, ol Monti, ol Negri, ol Gustiin, ol Franco: belle facce sorridenti che spuntano da fotografie di una vita fa e, scommessa che vincerei facilmente, un po’ malnatt anche loro.

Si incrociano al Pian delle Betulle a sciare e fanno amicizia. Non conta se vieni dal lago o dalla Valle: se corri sugli stessi binari prima o poi ti incontri e quel che deve essere sarà perché da qualche parte così è già scritto.

Non voglio pensare cosa accadde quando alle Betulle si imbatterono in una compagnia di studenti universitari francesi; solo,  immagino non fossero esclusivamente maschi. E tanto, per ora e per sempre, ci deve bastare.

Poi, dannato tempo, ognuno andò per la sua strada ma il legame rimase forte, perché quando sei amico vero e condividi i vent’anni devi rassegnarti, lo sarai per tutta la vita.

Così uno andò a lavorare al giornale della Sera, uno si mise a vendere macchine tedesche, l’altro girò un po’ l’Italia, l’altro ancora divenne capo officina, un altro fece il geometra.

Lui, il ragazzo del Lago, invece no. Scelse altro e preferì, non a basso costo secondo le comuni quotazioni, la libertà.

Il ragazzo del Lago scelse di fare il pittore.

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