COLICO – Riccardo Guzzetti, colichese ed ex studente del Marco Polo, dove si è diplomato nel 2022, lavora da un anno e mezzo al CERN di Ginevra. Lo abbiamo intervistato per conoscerlo e comprendere quali attività svolge, ma anche per capire in che modo abbia raggiunto una vetta tanto importante e come sia riuscito ad adattarsi in un ambiente così internazionale.

Come hai ottenuto l’opportunità di lavorare al Cern?
Mi sono diplomato a fine giugno 2022 e ho iniziato subito a lavorare per un’azienda di fonderia nel Bergamasco dove era già dipendente mio padre. Da lì tramite la scuola sono entrato in contatto con le risorse umane del CERN ed è iniziato tutto.

Quali competenze acquisite all’istituto superiore che hai frequentato ti hanno aiutato ad ottenere il tuo ruolo in un’istituzione internazionale?
La capacità di acquisire ed elaborare le informazioni. Come istituto tecnico ti offre una preparazione a metà strada tra un liceo e un professionale, tra teoria e puro praticismo. Cruciale è stata la scoperta della passione per la matematica avvenuta nel primo anno, soprattutto grazie al docente.

Quali sono le tue responsabilità al Cern e di cosa ti occupi?
Mi occupo di manutenzione per i magneti dell’acceleratore LHC, un acceleratore di particelle di diametro 27 km situato a circa 100 metri sotto il livello del suolo che corre principalmente in territorio francese. L’unico punto svizzero è il cosiddetto point one, esperimento ATLAS dove vi è la sede principale del CERN, luogo del mio centro operativo. Intervengo laddove vi sono magneti guasti, devo capire perché sono guasti e trovare una soluzione immediata, anche per possibili upgrade. Mi occupo principalmente della parte riguardante i prototipi e realizzo migliorie per l’acceleratore.

Qual è l’aspetto che ritieni più stimolante del tuo lavoro al Cern?
Da un punto di vista lavorativo, mi trovo in un ambiente al di fuori della mia zona comfort, dove non parlo la mia lingua o comunque non la parlo coi colleghi. Parlo inglese o spesso anche il francese, cosa che mi ha spinto a studiare una lingua in più prima mai considerata. Il rapporto con lingue e culture diverse è sempre in grado di arricchire una persona e di insegnargli qualcosa. Anche la relazione con persone al di fuori del proprio paese è uno scossone enorme che ti motiva. Dal punto di vista formativo, lavorare al Cern equivale per certi versi a una vera e propria scuola. Ogni giorno si impara qualcosa, come nozioni e cognizioni tecniche. Ho imparato come funziona l’elettromagnetismo, mai studiato a scuola, ma anche le modalità di funzionamento della criogenia, il power converter, la programmazione, la saldatura di componenti elettronici.

Cosa ti aspettavi quando hai avuto la notizia di essere stato selezionato e cosa non ti aspettavi?
Non avevo aspettative. Ho realizzato di essere qui dopo quasi due settimane. Tutto ciò che è venuto successivamente è stata una sorpresa. Il problema più grande è rappresentato forse dalla lingua. Personalmente, non ho mai imparato adeguatamente la lingua inglese fino al momento in cui si è insinuata l’idea che mi potesse davvero servire, ovvero dalla prima tappa della selezione.

Com’è stato l’inizio del tuo lavoro in una realtà completamente diversa per lingua, cultura e stimoli e come ti sei adattato?
Nel primo periodo mi sono fermato molto a osservare. Ero sempre a contatto con diverse persone, soprattutto straniere, ma mai al centro dell’attenzione. Nel corso delle settimane, poi, sono riuscito ad adattarmi.

In che modo la diversità culturale con i tuoi colleghi influenza il tuo lavoro?
Non mi tocca minimamente. La diversità di cultura con gli altri paesi sul lavoro non la sento. Ho la fortuna di imparare da una persona che arriva da un’istruzione diversa dalla mia, in un ambiente aperto e collaborativo. Sembra una macchina perfettamente oleata. Ritrovo gli stessi pregi e difetti con le culture più simili a me come avveniva in Italia.

Quale sarà la strada che prevedi di intraprendere per il tuo futuro?
Non ho idea di come andrà e non mi preoccupa. Mi sono reso conto che sono giovanissimo e non è questo il momento di fare le radici, sia per l’epoca in cui ci troviamo, sia per l’età che abbiamo. Dobbiamo vivere il momento e l’esperienza al massimo con riguardo verso il futuro, ma conducendo una vita normale e modesta pur con la mente aperta a tutte le opportunità.

Quali consigli ti senti di dare agli studenti che vorrebbero seguire le tue orme?
Il consiglio che mi sento di dare è quello di seguire molto attentamente la scuola, ma non limitarsi a quella. È cruciale vivere la scuola come il lavoro, dove però occorre prendere i voti per quello che sono, ovvero risultato di una prestazione e non un giudizio sulla persona.

Cosa ti manca di più di Colico e cosa invece apprezzi della tua realtà che a Colico non era presente?
Di Colico mi manca la mia famiglia, compresi gli amici. A Ginevra ho potuto ricominciare da zero una vita in un mondo che mi guardava con occhi diversi. Mi è servito per riscoprire chi sono e per acquisire maggiore fiducia in me stesso. Qui la gente non ha paura a dirti bravo oppure il contrario.

Alessandro Bonini