Non ricordo esattamente quando ho cominciato a sentire i rumori. Avrò avuto 4 – 5 anni… Stavo nella grande casa di mia madre, e si dormiva nelle stanze al secondo piano. Sopra di noi, il grande solaio e poi il tetto. Siccome c’era solamente una botola per andare in solaio, non ci si andava quasi mai. Solo negli anni a venire è stata montata una scala allungabile a scomparsa, ma a quei tempi bisognava arrangiarsi come si poteva.

Comunque, il sottotetto era un grande spazio polveroso, con mucchi di tegole di scorta sparse qua e là. A noi ragazzini faceva un po’ paura, a maggior ragione quando la notte sono cominciati i rumori. Colpi secchi, di varia intensità, a volte ravvicinati, in sequenza, a volte più distanziati nel tempo. Chi o cosa causava quei rumori? Il solaio era vuoto, non erano giustificati in alcun modo. Pure nostra madre li sentiva, ma levava le spalle alle nostre domande. “Sarà a causa della ferrovia…o è la casa che si assesta…” Non aveva tempo per quelle sciocchezze. Intanto, la notte, i colpi non cessavano.

Erano quelli i tempi dei film dell’orrore, quindi le supposizioni da brivido si sprecavano. Fantasmi? Anime dannate? Spiriti inquieti di qualche antenato che non trovava pace? Un giorno, mi ero deciso. Vincendo la paura, avevo piazzato una scala sotto la botola ed ero salito. Come arma, un flacone di acqua benedetta che qualche anima pia aveva regalato a nostra madre. Il solaio era al solito deserto e polveroso, e molto silenzioso. Avevo cercato qualche traccia nel manto grigio di polvere dei tempi che ricopriva il pavimento – impronte mostruose, sangue, pezzi d’ossa – qualcosa che giustificasse i colpi, che facesse propendere per il soprannaturale, ma non c’era proprio nulla.

Facendomi il segno della croce, avevo messo il flaconcino d’acqua vicino ad un pilastro ed ero ridisceso. La notte, i colpi non si erano uditi, ma forse, semplicemente, avevo dormito pesantemente. I giorni a venire, anzi le notti, sembrava che tutto fosse cessato. Che l’acqua santa avesse funzionato? Pia illusione. Pian piano, con timidezza, i rumori avevano riconquistato il loro spazio, tornando a manifestarsi. D’apprima in modo lieve, poi sempre più con insistenza, quasi con violenza. Ma che fare? Chiamare il prete? E se ci avesse guardato storto?

L’abitudine a quelle manifestazioni aveva poi preso il sopravvento. Quei strani colpi erano diventati parte integrante della casa, ormai non ci facevamo più caso. Gli anni erano passati, e mi ero trasferito da un’altra parte. Avevo intrapreso con discreto successo la carriera di scrittore. Mi dava a sufficienza da vivere. La mia specialità erano i racconti surreali. Naturalmente, non potevo lasciarmi sfuggire lo strano caso dei rumori nel solaio. Avevo messo tutto per iscritto, farcendolo un poco, e decisamente stava venendo fuori una bella storia. Il problema era il finale. Non potevo concludere banalmente, come in realtà era andata. Dovevo trovare qualcosa di diverso, un colpo di scena che facesse rimanere senza fiato i lettori. Mi ero scervellato a lungo, ma senza successo. Eppure, non potevo dare al mio editore una storia senza finale.

Una notte, ero tornato su, fra le tegole e la polvere. Mia madre mi aveva guardato perplesso quando le avevo preannunciato le mie intenzioni, ma poi mi aveva lasciato fare. Solo una lampadina a basso voltaggio faceva quel che poteva, ma più che illuminare faceva risaltare il buio e le ombre. Ero teso, quasi angosciato, anche se l’età avrebbe dovuto rendermi immune alle paure del soprannaturale. Mi ero portato una sedia pieghevole, quindi mi ero messo comodo. In attesa. Occhi e orecchi stavano all’erta, pronti a captare il primo segnale anomalo. Per facilitarmi le cose, mi ero munito di registratore vocale, per non lasciarmi sfuggire le impressioni.

” …sono le ventidue, ed a parte l’abbaiare lontano di un cane e il transito d’auto sulla provinciale, niente altro da segnalare…i colpi, per il momento, non si sentono…comincio ad aver sonno, spero di non addormentarmi…” ” …sono le ventitrè, non è ancora accaduto qualcosa di rilevante…la polvere mi si infila nel naso e mi fa starnutire, almeno rompo in qualche modo il silenzio…” “…mancano pochi minuti a mezzanotte, l’ora dei fantasmi e delle streghe…dovrei temere per la mia persona, per la mia sanità mentale, invece sono tranquillo…il cane ha smesso di abbaiare, in compenso un uccello notturno lancia nella notte il suo richiamo…le auto in transito sulla strada sono ormai rare, e saettano via veloci…”

“…è l’una di notte…con una tegola ho preso a picchiare sul pavimento, cercando di imitare i colpi impressi nella memoria…mi riempio di polvere, ma non importa…mi accanisco anche sui pilastri, e devo dire che la cosa mi diverte…” “…saranno forse le due o le tre, non lo so più …da qualche tempo -minuti, ore, giorni – ho spento la lampadina…non sopportavo più il suo occhio giallo…mi fissava, facendomi sentire colpevole… Ho trovato in mezzo alla polvere un vecchio coltello arrugginito…ho passato il dito sulla lama, è ancora affilato…il sangue sgorga, finisce nella polvere…ne prendo un po’ e scrivo parole sui pilastri, anche sul pavimento, tanto la polvere non è ostile, e poi evidenzio i tratti del viso…contorno gli occhi e la bocca…è giusto così…” “…finalmente, odo i rumori…colpi, urla, passi…tengo gli occhi chiusi, non posso vedere…mi tengo aggrappato ad un pilastro, lo stesso cui ho messo vicino l’acqua santa…”

“…qualcuno mi afferra, mi strappa via dal pilastro, mi prende per i piedi e per le mani…urlo, mi divincolo, cerco in tutti i modi di oppormi, ma le mie forze sono ben poca cosa…” “…mi viene infilata con violenza una strana maglia…le braccia vengono costrette attorno al corpo…non le posso più muovere…apro per qualche istante gli occhi e vedo dei fantasmi, esseri vestiti di bianco che si affannano per trascinarmi via, per portarmi con loro all’inferno…chiudo gli occhi…”

Emanuele Tavola